Cercando di non cadere in trappola...
Sarebbe un errore ridurre a propaganda il successo straordinario che Meloni ha avuto al meeting di Comunione e Liberazione.
Non basta neppure elencare i problemi di cui la presidente non ha parlato: salari, dazi, sanità, precarietà, per spiegare il perché di un’accoglienza davvero entusiasta con applausi ripetuti e scroscianti.
Così ha parlato Enrico Rossi, ex governatore della Toscana.
Prima di tutto bisogna dire cos'è Comunione e Liberazione.
CL è un movimento cattolico fondato da don Luigi Giussani a Milano negli anni ’50. Nasce come esperienza educativa per studenti delle scuole superiori e universitarie, proponendo un cristianesimo vissuto integralmente, in cui fede, vita di comunità e azione sociale/politica si tengono insieme. Di qui deriva la rete di opere sociali, scuole, fondazioni e anche l’influenza politica che CL ha avuto in Italia.
Già negli anni 70 e 80 CL non resta soltanto un’esperienza religiosa. Attorno al movimento crescono associazioni, cooperative, fondazioni, scuole, università (come la Cattolica di Milano e la Bicocca), ospedali e cliniche. Un vero e proprio sistema di potere che lega fede ed economia.
Il passo successivo è l’ingresso nella politica attiva. Nasce la corrente di CL nella Democrazia Cristiana con Roberto Formigoni (il celeste) come figura simbolo, e poi, dopo Tangentopoli, il legame con Berlusconi e il centrodestra.
CL diventa così un serbatoio di quadri politici, capace di spostare voti, influenzare e scelte istituzionali. Non a caso il Meeting di Rimini diventa negli anni una tappa obbligata per leader di partiti del centro destra
Meloni, al meeting, al di là dei singoli contenuti, ha presentato un progetto politico che si nutre di ideologia reazionaria e assume persino una patina di spiritualità, rivendicando una comune radice culturale e un disegno condiviso di una società chiusa e regressiva.
La Presidente del consiglio post fascista, l’erede del Movimento Sociale Italiano, si sposa così perfettamente con CL e ne diviene a tutti gli effetti la leader politica, promettendo sia la rappresentanza dei valori sia la protezione delle opere sociali.
Meloni, madre e cristiana, ribadisce la centralità della famiglia tradizionale, rilancia un piano casa giovani per “incentivare la natalità”, annuncia fondi alle scuole private, lancia anatemi contro le nuove forme di genitorialità, come se nella società esistesse solo il modello di famiglia che hanno in testa loro.
In linea con l’ideologia del corporativismo fascista e con le sensibilità più retrograde del cattolicesimo pre-conciliare, la Presidente espone la sua preferenza per un’Italia senza conflitti sociali: imprenditori e lavoratori, dice, sarebbero uniti da una naturale condivisione: “non ho mai conosciuto un datore di lavoro che non considerasse i dipendenti la sua risorsa più preziosa”. Un discorso utile a nascondere la precarietà, lo sfruttamento e i bassi salari dei lavoratori, assolvendo in blocco tutta la parte datoriale.
Meloni sull’immigrazione non ha timori a presentare un volto duro. La presidente diventa persino feroce: “Ogni tentativo che verrà fatto di impedirci di governare il fenomeno dell’immigrazione illegale verrà rispedito al mittente. Non c’è giudice, politico o burocrate che possa impedirci di fare rispettare la legge dello Stato Italiano, di garantire la sicurezza dei cittadini, di combattere gli schiavisti del terzo millennio e di salvare vite umane”.
Poco importa che lei e il suo governo abbiano deciso di rimpatriare su un volo di Stato uno dei piu potenti e feroci schiavisti libici affinché potesse riprendere la sua attività di torturatore di migranti, che lo Stato italiano finanzia insieme cosiddetta guardia costiera libica la quale spara sui naufraghi e sulle navi delle ong.
Ma è ancora il tema dell’identità e delle radici a fare da collante a tutto il discorso reazionario di Meloni. L’Europa a cui pensa è molto diversa dal suo progetto federalista originario, che lei, d’altra parte, ha esplicitamente contestato quando in parlamento si scagliò contro il Manifesto di Ventotene.
L’Europa di Meloni è trumpiana: la scelta atlantista esprime un consenso di fondo con la destra estrema americana che è antieuropeista, di tendenze illiberali, conservatrice in tema di diritti, e subordinata agli interessi economici del grande capitale.
La leader che un tempo strillava contro Bruxelles oggi si atteggia a statista responsabile che segue le direttive di Washington: importare a caro prezzo il gas americano, aprire i mercati ai prodotti statunitensi senza dazi, aumentare la spesa per le armi.
L’unica novità di Giorgia, sono state le parole durissime contro il governo Netanyahu, senza nessun cenno al riconoscimento dello Stato palestinese né a eventuali sanzioni o rottura di accordi e collaborazioni con lo Stato di Israele che sta compiendo un genocidio e viola i diritti umani. Appunto, soltanto parole da parte della Presidente del Consiglio.
A Rimini, Meloni ha raccolto applausi e standing ovation, segno di una convergenza di fondo con settori del mondo cattolico, moderato e tradizionalista.
Quello che emerge è un progetto che restringe le libertà, richiama al conformismo culturale, pretende un’armonia sociale forzata, usa la violenza contro i migranti, deprime e umilia il ruolo dell’Italia a livello internazionale con l’obbedienza a Washington.
Meloni miete consensi con CL soprattutto perché fiuta il tempo che viene e ne dà l’interpretazione oggi vincente nel mondo occidentale, culturalmente egemone.
La sinistra se vuole rispondere veramente a questa sfida deve coglierne l’enorme portata e non limitarsi a fare un elenco di buone cose ma avanzare una diversa filosofia sociale, una visione alternativa della società che aggiorni i principi di eguaglianza e libertà, di solidarietà e accoglienza, di convivenza pacifica.
Qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione ma la strada è ancora lunga.
SalVitSantangelo


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