Perché negli anni '70, con meno benessere di oggi, la gente era più felice?
Mi ricordo di un'estate del 1981, avevo già un lavoro stabile e tutto prometteva bene sia a livello familiare che in ambito sociale.
Eravamo giovani semplici; c’era anche chi faceva lo spaccone, vestiva firmato e con una bella auto, ma potevi comunque parlarci senza che si sentisse un Dio sceso in terra.
Tutto andava con il giusto ritmo. Non c’era la frenesia né l’incontentabilità di oggi. C’era molto più buonsenso.
Le persone avevano più libertà e potere di acquisto, ti sentivi facilmente benestante e felice per le piccole cose.
Le ragazze erano timide e remissive sia pure sempre molto selettive; era un piacere vederle operare con morigeratezza e buon costume.
Si stava insieme molto più facilmente, c’erano più valori, più calore… era veramente tutto più bello. (O forse è la mia impressione di anziano...).
Ricordo gli operai di un cantiere vicino casa, con i quali a volte scambiavo due chiacchiere, erano molto spassosi e c’era sempre qualcosa da imparare. Persone genuine.
Oggi si tende ad associare il concetto di benessere a quello di agiatezza economica, ma è un errore ermeneutico.
Il "benessere vero" dipende dall'equilibrio di tanti fattori diversi: stabilità emotiva, sicurezza professionale, interrelazionalità, appagamento culturale, senso identitario, realizzazione interiore ecc.
Sino agli anni '70, soprattutto al di fuori dei grandi centri urbani, il ciclo della vita prevedeva un susseguirsi di tappe inevitabili, che le persone accettavano di buon grado: ciò rendeva senz'altro l'esistenza comune meno avvincente, ma anche estremamente stabile e priva di angosce. Si nasceva, si apprendevano le regole che sarebbero poi servite per tutta la vita, si andava a scuola (chi aveva davvero le capacità per farlo: gli altri a 14 anni entravano nel mondo del lavoro… Anche negli studi nessuno regalava niente), gli uomini sbrigavano il servizio militare… Dopodiché ci si sposava e arrivavano i figli.
Il gusto della vita era dato dalla conduzione di un'esistenza scandita: tra visite agli amici il sabato sera, la villeggiatura in estate, il piacere del cinema e del teatro, qualche buona lettura e il rituale cambio di automobile ogni 10 anni (quando andava bene!).
Si desideravano e si possedevano meno beni voluttuari, ma si godeva del rispetto altrui per doti e caratteristiche che il denaro non può comprare: l'onestà, la solidarietà (quella vera, non la sua caricatura, il volontariato, che stabilisce giorni e ore precisi per dedicarsi al prossimo), il rispetto della parola data.
A ciò bisogna aggiungere che il lavoro era solitamente stabile e questo permetteva d'instaurare rapporti anche molto profondi con i colleghi, che spesso divenivano amici veri e propri. Pur sussistendo un senso della gerarchia molto forte, il rispetto era reciproco; il superiore si rivolgeva al subordinato con il "lei" e, salvo casi sciagurati, era tenuto a farsi carico di una serie di obblighi sociali che, se disattesi, avrebbero determinato la perdita dello status agli occhi di tutti.
Un imprenditore preferiva spesso perdere parte dei propri guadagni, piuttosto che licenziare un dipendente, poiché ciò lo avrebbe posto in una situazione difficile di fronte all'opinione pubblica.
Quindi, in sostanza, il "benessere" era maggiore anche se si possedevano meno beni di consumo. Si andava in vacanza a Rimini e non alle Seychelles.
E questo perché l'armonia della vita era rispettata assai più di quanto non avvenga oggi.
L'ossessione per il fitness ci ha privato del piacere di mangiare quel che ci piace; il politically correct ci tarpa le ali, paralizzando qualsiasi reazione di fronte alle mille prepotenze che ogni genere di minoranza ritiene essere in diritto di perpetrare ai danni di chicchessia, a supposto "risarcimento" di pregresse vessazioni; lo strapotere dello Stato o di parti di esso ormai di fatto autonome rispetto al controllo democratico - come ad esempio la Magistratura o gli apparati fiscali -, nonché la sua sostanziale immoralità ed inadeguatezza ha creato una frattura così grande tra il cittadino e le istituzioni che non basteranno secoli per ricomporre.
Bei tempi, gli anni '70!
Certo non un paradiso in terra, ma senz'altro un Paese molto migliore di altri, pur se pervaso da tensioni ed estremismi d'ogni sorta.
Forse l'atto finale di una "favola bella" dal titolo "Italia".

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