Estate
Aveva ragione Eugenio Montale quando diceva che l’estate è decadente.
È un tempo sospeso dove tutto rallenta, cambia ritmo e si ritira nell’ombra, perché sotto il sole si brucia e si muore.
Tocca meriggiare in estate.
Tocca sopportare il frinire delle cicale e dei grilli.
Tocca coprirsi gli occhi e bere molta acqua.
La trovo alquanto volgare l’estate; con le ciabatte strascicate, gli aloni sotto le ascelle e pantaloncini ovunque, come in spiaggia.
La trovo sciatta l'estate, col lino stazzonato che vorrebbe essere elegante, senza riuscirci.
Se dovessi scrivere un racconto angosciante, lo ambienterei in estate e il morto ci scapperebbe verso le due del pomeriggio, col sole a picco, in quel silenzio di solitudine interrotto sempre dal chiacchiericcio delle cicale.
Quel silenzio di una domenica di fine luglio, dove chi è al mare ha la premura di far sapere al mondo che è al mare e si sta divertendo, e chi non lo è, chiude gli scuri e si ritira nel buio e nel silenzio interrotto dalle solite cicale e dalle pale del ventilatore.
Perché in estate corre l’obbligo di divertirsi o di nascondersi, affinché il mondo sappia o non sappia che stai o non stai partecipando alla festa globale.
Ma per fortuna poi torna l’autunno e con esso la clemenza e la mitezza del clima temperato.
E torna il silenzio, quello vero, umido e ovattato dei posti di mare. Quello che non ti obbliga a niente se non a godere di un panorama magico e malinconico, accoccolato in una coltre di tranquillità.

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